Serviva una prestazione convincente. Serviva rispondere alle grandi e prendere posto nei “quattro cantoni”. Ma soprattutto, servivano i tre punti. L’Inter vince e convince nel suo essere squadra e nel sapere quando e come divorare la preda. Con la testa di chi lavora a centrocampo, con le unghie di chi fa anche 70 metri di recupero palla e con i denti del suo mamba, Icardi. Spalletti allontana così le pressioni da osservato speciale, in una domenica sera dove gli occhi erano tutti per lui e per la sua creatura. Giudicata ancora immatura e, a dir la verità, senza concretezza. Un match delicato che serviva per la consacrazione di quella frangia di opinionisti ancora scettici, ma che era indispensabile soprattutto per la classifica. Perchè dopo il passo falso ammissibile patito contro il Toro, era necessario ripartire. E l’Inter lo fa trascinata dal suo nove.
ESIGENZE DI CLASSIFICA
La corsa va fatta necessariamente sul quarto posto, in linea con gli intenti prefissati. Ma in una classifica così corta è difficile tracciare limiti e traguardi delle proprie possibilità. Il primo vero obiettivo è stato raggiunto, ovvero prendere le misure e trovare la quadra giusta. Non lo scopriamo oggi, ma la conferma nasce proprio dal match con l’Atalanta. Dietro arrivano le garanzie di cui avevamo bisogno. Su Skriniar ogni aggettivo è ormai sprecato, essendo in costante e per nulla lento miglioramento. In mezzo al campo, la testa compensa lì dove le gambe non possono arrivare. Questione di fosforo e luce, aspettando l’uomo giusto che possa garantire cambio di passo e fantasia. Davanti solo Mauro, e più nulla. Perchè Icardi ha un killer instinct da nove consumato e per nulla moderno. Centravanti puro, senza mezze misure. Lotta, sbatte e crea quando è seguito ad ombra. Punge e segna quando ha un metro a sua disposizione. Anzi, dopo ieri sera, anche quando non ce l’ha.
AGLI ORDINI DEL COMANDANTE
Il merito di tanti applausi spetta soprattutto a Luciano Spalletti. Capace di ridare l’identità a una rosa che sembrava averla persa. Sempre protagonista in prima persona se c’è da leccarsi le ferite, e costantemente a testa bassa nonostante lo sguardo punti sempre al cielo. Si parlava del vero top player acquistato in estate ed in pochi lo hanno individuato sulla panchina. Gli interisti gli devono tanto, forse tutto quello che abbiamo raccolto finora. E tenercelo stretto potrebbe rivelarsi l’arma vincente. Ora testa al Cagliari, dove sarà vietato sbagliare. E dove bisognerà chiudere nell’armadio gli spettri e gli scheletri degli ultimi anni, gli stessi che ci hanno terrorizzato quando in campo c’erano gli isolani. Vincere e convincere, il resto verrà da sé.