Inter che, come da anni a questa parte, sta riuscendo a deludere le speranze dei tifosi e disattendere le previsioni degli esperti. I nerazzurri, reduci da una sessione di mercato estiva sontuosa, ricca di innesti di talento come non succedeva da anni, si stanno rendendo protagonisti di un avvio di campionato disastroso. La stampa all’unanimità aveva votato la squadra di Spalletti, che già l’anno scorso per buona parte della stagione aveva fatto bene, come la possibile vera unica AntiJuve. Purtroppo però, la realtà è un’altra. In caso di vittoria odierna dei bianconeri, i nerazzurri si ritroverebbero già a -8 dopo sole 4 giornate. Come al solito, insomma. l’Inter dimostra di essere paradossalmente brava solamente ad essere l’AntiInter.
CAMBIANO GLI INTERPRETI, NON LA MUSICA
Nessuno, anche visto il calendario morbido e abbordabile avrebbe previsto tanta fatica da parte di quella che, sulla carta, è veramente la seconda, terza forza del campionato. Cosa sta andando storto allora? Le solite magagne, nulla di nuovo. I problemi dell’Inter sono cronici da 7 anni e la guarigione, pare, è ancora un miraggio. Sotto l’aspetto tecnico mancano come il pane centrocampisti di qualità, è evidente e si sapeva fin dall’inizio.
Forse si pensava di poter sopperire alla tecnica con la fisicità, ma poi quando la preparazione atletica è precaria come ora, che si fa? Brozovic, per quanto migliorato, non è un giocatore su cui si può fare cieco affidamento. Inoltre è discontinuo e non è un regista, vive di occasionali e sporadici lampi, ma non può reggere da solo la manovra dell’Inter, specie di una squadra tanto in difficoltà. Si trova sempre il pallone tra i piedi, visto che i compagni non sanno che fare, ma lui è più spaesato di loro, perso com’è nelle proprie incertezze e nel dubbio di che colore tingersi i capelli la prossima volta.
MANCA UN PLAU MAKER, UN FARO
Al suo fianco Gagliardini e Vecino hanno, con tutto il bene che si può voler loro, delle doti tecniche molto, troppo, basse, per cercare di illuminare il gioco. Manca da morire quella che veniva considerata la ciliegina e invece sarebbe stata la torta completa: un regista alla Modric. Un play maker che tiene per le redini la squadra intera, che alza o abbassa il ritmo a piacimento, che spezza o addormenta la partita a seconda delle necessità. L’Inter, per quanto ricca di talento singolo e di fisicità, è tremendamente povera dal punto di vista tecnico a livello di squadra. Tanti buoni solisti che però non riescono ad amalgamarsi in una grande orchestra. Il direttore dell’opera, Spalletti, è tutt’altro che esente da colpe. Perché manca, anche e soprattutto, la cattiveria, la voglia di vincere. Questi ragazzi non sono in grado di reagire, hanno paura di sbagliare, paura degli avversari. Hanno paura di loro stessi. Non sanno come comportarsi quando le cose girano male. Siamo l’Inter, non una squadretta provinciale, perdio!
SPALLETTI SEMBRA SPAESATO
Il tecnico ex Roma non ha forse l’arma che servirebbe veramente a questa compagine spaesata: la rabbia, l’energia, la capacità di entrare nella mente dei ragazzi e tenerli sempre sull’attenti. Tecnicamente non si discute, è uno dei migliori allenatori in circolazione probabilmente. Ma gli manca la scintilla necessaria a smuovere i meccanismi nerazzurri. Perché storicamente all’Inter hanno vinto più i grandi motivatori, quelli con la “cazzimma”, rispetto ai raffinati strateghi. Spalletti non ha la carica “animalesca” dei vari Mourinho, Conte, Simeone. Quando la squadra si perde, si perde con lei. E questo, in questa fase delicata, rischia di essere un problema piuttosto grave.
PIANGERE NON SERVE: ADESSO SERVONO GLI ATTRIBUTI CHE SONO MANCATI FINO AD ORAicard
Poi gli alibi possono essere mille: arbitraggi da rivedere, mancato utilizzo del VAR, infortuni a ripetizione, impegni con le nazionali, giocatori nuovi da far convivere, preparazione diversa per la Champions League… ma martedì arriva il Tottenham a Milano. Si torna a rivedere le stelle, a sentire quella magica “musichetta”. Ma per evitare che sia solo una passeggiata occasionale da turisti che duri solamente 6 partite, bisognerà avere un atteggiamento ben diverso.
Perché il calcio è una buona metafora della vita. Non sempre le cose vanno come vorresti, spesso sei più bravo, giochi meglio, ma per un errore, un passo falso, un’inezia, ti ritrovi sotto, indietro, a dover inseguire. Ma non si può e non si deve mollare. Inaccettabile non è la sconfitta, ma l’atteggiamento rinunciatario, il chinare la testa e morire, perdere in silenzio. “Uomini forti destini forti, uomini deboli destini deboli.” Forza Inter, Forza Luciano. Adesso non si deve piangere, ma rialzare la testa e splendere. Trasformare il biscione in fenice. Chi vogliamo essere? Spettatori del nostro declino o artefici della nostra rinascita? Perché da riveder le stelle a rivedere le stalle, è un attimo…
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