Peccato. Difficile trovare una parola più rappresentativa dell’avventura in nerazzurro di Strama, quel 36enne catapultato a guidare una delle squadre più titolate d’Italia ad inizio primavera; pensandoci bene, poi, la stagione sembrava presagire un futuro florido d’avanti: sbocciano i fiori, fiorisce un’entusiasmante e ricca carriera sulle panchine di mezza Europa. No? Beh, l’Europa sì, l’ha girata, ma non con i risultati che si era prefissato. Ma, come sempre, facciamo un passo indietro: un passo piccolo, di appena 24 ore.
TUTTO VERO
Dev’essere stato doloroso, quel pizzicotto che aveva chiesto a sua moglie Dalila di tirargli;
“Come? Certo che accetto Presidente, a quando il primo allenamento?”
Sì, dev’essere andata un po’ così in casa Stramaccioni, o meglio, nell’hotel londinese che ospitava l’Inter Primavera il 25 marzo 2012: l’Ajax dei giovanissimi Klaassen, Denswil (oggi al Bologna) e Fischer soccombe sotto le reti dei ragazzi di Strama, che festeggiano la vittoria dell’inaugurale NextGen Series, l’antenata dell’attuale Youth League. A dirla tutta, i nerazzurri non hanno ottenuto una vittoria schiacciante in quel venerdì anglosassone: al 90’ era 1-1, perciò c’è voluta una perfetta lotteria ai rigori per salire sul tetto d’Europa, due anni dopo i grandi.
Ma torniamo a quell’ipotetica telefonata, seguita dal pizzicotto di qualche giorno dopo della consorte di Strama: Massimo Moratti si era letteralmente sciolto nel vedere la grinta e la verve agonistica mostrata da quell’allenatore, così tanto voluto nello staff delle giovanili nerazzurre. Non ci credete? Beh, provate a chiedere ai dirigenti della Roma nel 2010, che per riscattare Nicolas Burdisso furono raggiunti da un’insolita richiesta: l’argentino sarebbe passato alla Lupa solo con l’arrivo di Andrea Stramaccioni nell’organigramma tecnico del vivaio interista. Detto fatto: il 30 giugno 2011 Strama si svincola dalla Roma e Paolillo lo ingaggia, iniziando la parentesi milanese di un romano DOC, abituato a lavorare con i giovani (e da giovane) dai banchi di scuola.
A 19 anni, infatti, mentre i suoi amici capitolini cercavano di capire quale carriera lavorativa intraprendere, Strama ne aveva già iniziata e terminata una, quella da calciatore: dopo sei anni divisi nelle giovanili di Romulea e Bologna ed un solo minuto di gioco da professionista nel finale di Bologna-Empoli in Coppa Italia Serie C, Andrea è costretto al ritiro. Nella gara del suo esordio tra i professionisti, infatti, aveva rimediato un infortunio da non augurare nemmeno al peggiore dei nemici: un ginocchio destro da buttare, con un collaterale sfilacciato, 2 menischi e i legamenti posteriori-anteriori rotti. Non tutti i mali, però, vengono per nuocere.
GAVETTA, SCALATA, SUCCESSO
Dopo quel maledetto infortunio, Stramaccioni appende gli scarpini al chiodo, ancora lucidi fino all’ultimo centimetro cubo, ma si dà da fare per non abbandonare quel terreno di gioco tanto sognato da giovane; “non ci posso giocare, ma posso comunque passare la vita in panchina”, dovrà aver pensato. E infatti le prime soddisfazioni, seppur piccole, arrivano: colleziona diverse vittorie nei campionati dilettantistici nella Città Eterna e poi abbraccia Crotone, dove diventa collaboratore fidato di un Gian Piero Gasperini alle prime armi. Il suo destino, come abbiamo potuto notare in queste righe, è però legato a Roma, alla Roma: Bruno Conti osserva minuziosamente il suo lavoro da osservatore in Calabria e lo ingaggia come allenatore di diverse compagini giovanili della Lupa.
Il risultato? Beh, come abbiamo visto con i giovani ci sa fare: vince due campionati professionistici (1 con i Giovanissimi nazionali ed 1 con gli Allievi), l’ultimo senza perdere nemmeno una gara e lanciando 6 giocatori in Nazionale U18. Ed arriviamo a Burdisso, all’Inter, a fine marzo 2012. Alla chiamata del Presidente, insoddisfatto del lavoro di Ranieri, ma desideroso di un altro romano sulla panchina della sua Inter.
“Dopo la vittoria della Next Generation, Ausilio mi ha chiamato e mi ha detto: “se il presidente fa questa ‘cazzata’, tu digli di no“. Lui, che mi vuole bene, pensava che in quello spogliatoio non avrei retto una settimana, che mi avrebbero ammazzato. Gli ho detto: “se Massimo Moratti mi dice di prendere la prima squadra, ma come faccio a dirgli di no? Se non mi sento pronto non glielo dico, come faccio? Posso solo dirgli che ce la metterò tutta”. Se quando mi ha parlato non lo avrei visto convinto, se avessi capito che stava pensando ‘mo n’do vado con questo’ allora avrei detto di no”
E allora la nostra ipotesi non era del tutto infondata: Moratti lo voleva davvero, tant’è che Strama il giorno dopo la vittoria della coppa continentale con i suoi ragazzi è già al lavoro con i più grandi.
I primi mesi sulla panchina di San Siro sono tutto sommato positivi: dopo il suo arrivo ad inizio primavera, l’Inter colleziona 5 vittorie e 2 pareggi in 9 gare, tra cui una vittoria spumeggiante nel derby: i nerazzurri concludono la stagione al sesto posto, un buon passo avanti rispetto alla provvisoria ottava posizione, occupata al momento dell’esonero di Ranieri. Il meglio, però, doveva ancora venire.
AL SETTIMO CIELO, PER TROPPO POCO
L’inizio della stagione successiva è da incorniciare: alla 12esima giornata di campionato l’Inter ha già ottenuto una vittoria nel derby (con annessa esultanza sotto la Nord di Strama), ha espugnato per la prima volta nella storia lo Juventus Stadium, ha raggiunto 10 vittorie consecutive e 10 vittorie consecutive in trasferta. Ah, dimenticavo: si riassapora il gusto della vittoria, perché ad inizio novembre la Juve dista solo un punto in classifica. L’Inter ha trovato il nuovo Special One? “No, io sono il Normal One”, dirà dopo una vittoria sul Napoli ad inizio dicembre.
Perché Stramaccioni è sempre stato così: anche quando quel momento gioioso era terminato fragorosamente, con l’Inter che crolla al nono posto in classifica a fine stagione, è sempre rimasto determinato, convinto delle sue capacità pur restando umile. Un condottiero di cui andare fieri, nonostante tutto. Ed oggi, dopo un esonero in nerazzurro arrivato tra gli applausi e diverse avventure in giro per il mondo (Grecia con il Panathinaïkos, Repubblica Ceca con lo Slavia Praga ed Iran con l’Esteghlal, di cui è rimasto “ostaggio” per un paio di mesi), noi tifosi nerazzurri rimaniamo a pensare ad una sola parola, quella più adatta per descrivere the Normal One; sì, oggi che spegne 44 candeline, oggi che quel 26 marzo 2012 sembra così lontano, noi pensiamo a quelle sette parole: peccato.
Grazie ed auguri Strama, il popolo nerazzurro ti sarà sempre riconoscente.