La luce in un mare di incertezze. Una di quelle che ti acceca, ma che non puoi fare a meno di veder splendere. Lo svezzamento è ormai ultimato: Nicolò Barella è diventato un calciatore totale. Una certezza per Antonio Conte. Una di quelle da cui resti dipendente. L’unica, forse, in questo complesso inizio stagionale.
Questi primi mesi hanno confermato l’importanza trascendentale che l’ex Cagliari ha conquistato nel centrocampo nerazzurro e in quello della nazionale italiana. D’altronde, pochi potevano dubitare potesse riuscirci. Un ragazzino che a soli 20 anni è diventato capitano della squadra della sua città, uno dei calciatori più giovani ad averla indossata nella storia del Cagliari. Un ragazzino, che il 24 febbraio 2019 ha raggiunto le 100 presenze con la maglia rossoblù. Un predestinato, insomma.
NICOLÒ DOVEVA CRESCERE
Eppure, di Nicolò si è sempre parlato come un giocatore in grado di dare sostanza al reparto, ma mai quell’abbinata qualità che lo avrebbe posto nell’élite dell’attuale calcio italiano. I troppi cartellini, la troppa foga agonistica, l’innato istinto erano alcune lacune da colmare. Nicolò doveva crescere e per farlo aveva bisogno di sbagliare. Era un ragazzo che aveva voglia di spaccare il mondo, ma con le concezioni e le modalità sbagliate. Ma se sbagliando si ottengono questi risultati, allora la strada vale davvero la pena percorrerla fino in fondo.
Barella ha sopperito ad un pessimo inizio di stagione del neo arrivato Vidal, agli infortuni di Sensi e Gagliardini, alla poca costanza di Brozovic, alle incongruenze tattiche di Eriksen e quelle tecniche/comportamentali di Nainggolan. Insomma, ha quasi tenuto in piedi da solo il centrocampo dell’Inter. E lo ha fatto con la straordinaria ordinarietà di un ragazzo che non teme le pressioni, anzi, le affronta e le vince con un animo bellico fuori dal comune.
IL TREQUARTISTA ATIPICO ALLA… VIDAL
Data l’enorme duttilità del sardo, parrebbe Conte voglia trasformarlo in un trequartista atipico, che faccia da collante tra centrocampo e attacco: un rifinitore, pur non avendo le caratteristiche da numero 10. Un ruolo che, teoricamente, avrebbe dovuto occupare Vidal. Il classe ’97 sta paradossalmente facendo da chioccia al cileno, lontano parente di quello che fu alla Juventus. Ed ecco così che l’esperienza tanto richiesta dall’allenatore nella costruzione del reparto è arrivata da chi, di esperienza, non ne aveva poi così tanta.
Il progressivo miglioramento è sotto gli occhi di tutti: il sardo non è più soltanto un centrocampista di rottura. La sua incisività qualitativa è esponenzialmente cresciuta con il tempo. La sua heat-map media per partita lo vede occupare qualsiasi zona del campo.
La garanzia di un 6,5 in pagella è accompagnata da numeri che parlano chiaro: tre assist in campionato e uno, fantastico, in Champions League al Bernabeu. A latitare restano ancora le marcature, soltanto otto a livello professionistico con i propri club, ma se le premesse sono queste, il futuro dell’Inter e dell’Italia è in splendide mani.
Michele Lettieri