A poche ore dall’impegno europeo contro il Cfr Cluj, il rumeno Cristian Chivu, intervistato per la trasmissione Drive Inter, parla a 360 gradi della sua vita calcistica e fuori dal campo, ripercorrendo le tappe più importanti della sua carriera, dagli inizi in Romania al periodo nerazzurro, senza tralasciare episodi significativi come l’infortunio del 2010 sul campo del Chievo, il tutto condito da qualche “extra”, come la passione per Radio 105 e in particolare per lo speaker Marco Galli (grande tifoso interista, ndr).
Oggi tutti conosciamo il Chivu protagonista del Triplete con Mourinho nel 2010, ma la curiosità di sapere com’è iniziata la carriera di uno dei più tecnici difensori del calcio europeo, tra campo di gioco e scuola, è davvero tanta: “In Romania sono riuscito a completare il liceo anche se avevo intrapreso questa carriera, al mattino andavo a scuola, al pomeriggio avevo allenamento e poi ritornavo a studiare. La mia famiglia è stata fondamentale in questo e voglio ringraziarli per l’educazione che mi hanno dato”.
“Mio padre ci ha lasciati che avevo 18 anni, da lì sono cresciuto e ho dovuto imparare a gestirmi da solo. Ancora oggi sento la sua mancanza, il poter scambiare due parole, insomma il classico rapporto padre-figlio” prosegue il centrale interista, che rivela come la figura del padre avrebbe potuto aiutarlo anche nelle momenti bui che vive un calciatore: “Lui era nel mondo del calcio e sono sicuro che avrebbe potuto aiutarmi nei momenti di difficoltà, oltre a festeggiare insieme per i successi ottenuti” .
Momenti bui e difficoltà che si sono presentati nella carriera di Chivu, sia quando, dopo il terribile scontro con Pellissier in Chievo-Inter del 6 gennaio 2010, dovette sottoporsi a un delicatissimo intervento al cranio (“Dopo l’incidente ho pensato di smettere di giocare, quelle situazioni cambiano il modo di vivere la vita”), sia nell’ultimo anno, quando, tra acciacchi e prestazioni deludenti, dagli spalti di San Siro volava qualche fischio: “Non c’è una ricetta per gestire le difficoltà, bisogna impegnarsi e lavorare seriamente; le critiche mi spronano a far meglio e ho sempre più voglia di giocare, anche eprchè spesso i giudizi cambiano di partita in partita”.
La parentesi del centrale rumeno all’Inter, però, è fatta più di luci che di ombre, come lui stesso testimonia: “Già quando ero alla Roma, giocando contro l’Inter, ti accorgevi della forza del gruppo, per cui nel 2007 ho deciso di venire qui. Il presidente è una persona fantastica, così come lo sono i tifosi; è vero, a volte il pubblico è esigente, ma l’affetto c’è sempre stato. La prima volta a San Siro è stata bellissima e questo stadio, quando è pieno, è veramente meraviglioso”.
L’Inter di oggi, dopo Coppe e scudetti, riparte dai giovani; una scelta coraggiosa, specie per la necessità di integrare le “nuove leve” con giocatori di maggiore esperienza, il tutto sotto la guida di Stramaccioni: “Tutti quelli che sono qui devono capire cos’è l’Inter, i sacrifici fatti, le vittorie ottenute e il cuore messo in ogni gara: questa è una squadra che ha fatto la storia. Con Strama non ho mai avuto problemi, all’Ajax mi hanno insegnato a lavorare e non lamentarmi”.
Per concludere, Chivu torna sulla sua esperienza con la Nazionale della Romania, a cui ha rinunciato dopo una sofferta decisione: “Ho fatto tanti sacrifici per la Nazionale, non è stato facile lasciare e ci ho pensato a lungo, ma era arrivato il momento di dire basta”.
Con una carriera così lunga alle spalle, fatta di tante battaglie con i migliori attaccanti del mondo, da Ibrahimovic a Osvaldo, da Vucinic a Van Nistelrooy, quest’ultimo il più difficile da marcare secondo il numero 26 nerazzurro, Chivu può essere un punto di riferimento importante per la continuazione del “progetto Inter”.