Un’Inter epica, stoica, commovente rischia di scrivere un’altra pagina memorabile della storia calcistica mondiale, riuscendo quasi a sovvertire la logica dei numeri e dei pronostici. Il messaggio che i nerazzurri lanciano è inequivocabilmente chiaro e perentorio: “Attenti a darci per bolliti e sciacquatevi ben bene la bocca prima di demonizzarci“. Le aspettative della vigilia, inutile negarlo, erano tiepide, compassate, dimesse, di basso profilo. Il desiderio di limitare i danni, di salvare la faccia, l’onore della maglia, il decoro del blasone, lasciavano presagire un’Inter migliore rispetto a quella recente ma non con una prestazione così sontuosa.
Ripensando alla partita d’andata, aumentano il rammarico e le recriminazioni per un’Inter che ha dimostrato con forza e determinazione tutto il suo valore non di certo inferiore a quello degli Spurs. Viene da chiedersi se la vera squadra di Villas-Boas, al netto di Bale, sia quella ammirata a Londra o quella “asfaltata” ieri sera dai ragazzi di Stramaccioni che, evidentemente, si sono dimostrati tutt’altro che improponibili (come certa stampa aveva alluso). Lo stesso mister capitolino, paradossalmente, si è preso una piccola rivincita, dimostrando, semmai ce ne fosse bisogno, di essere all’altezza e di poter lavorare a certi livelli.
L’ANALISI TATTICA
COSA HA FUNZIONATO – L’Inter ha dato dimostrazione di avere un’anima e un’identità. Una prestazione che ha palesato cuore, rabbia agonistica, volontà, fame e, ciò che più conta, idee chiare e precise. Schierata con il 4-3-1-2, che spesso diventava 4-3-3 o 4-3-2-1, l’Inter è stata padrona del campo proponendo un calcio brioso, moderno e dinamico. Il pacchetto arretrato, guidato dalla sagacia tattica di un encomiabile Chivu e da un poderoso Juan, ha rischiato poco o niente, mantenendo la linea sempre alta e pulita, facendo sempre alla perfezione “l’elastico” e partecipando con costanza alla costruzione della manovra con il monumentale Zanetti e la sorpresa Jonathan. La vera “perla” della formazione di Stramaccioni è stato il centrocampo che, costruito attorno al talentuoso Kovacic, ha trovato geometrie forse mai viste in stagione. Il gioiellino croato ha dato vita ad una prestazione da incorniciare incantando per personalità, maturità, passo e piede. Ai suoi fianchi Gargano e Cambiasso hanno garantito ossigeno, inserimenti, raddoppi, copertura e densità. La mediana interista, finalmente, non ha abbassato i ritmi, ha effettuato un giro palla rapido, verticalizzazioni repentine e cambi di gioco precisissimi che hanno messo in costante difficoltà le due linee strette e corte di un Tottenham che, pressato in maniera compatta e sistematica nella propria metà campo, non è riuscito neanche a ripartire e a trovare sfogo sulle corsie laterali. Gli avanti nerazzurri hanno permesso all’Inter di trovare quella profondità che, nelle ultime partite, era sembrata utopia. L’azione del primo gol è il manifesto di un calcio armonicamente perfetto: una punta si decentra, suggerisce la profondità, va sul fondo e crossa per l’inserimento del terzo uomo che attacca lo spazio sul lato debole della difesa avversaria.
COSA NON HA FUNZIONATO – Cercare o trovare qualcosa che non abbia funzionato nella partita di San Siro rasenta quasi la blasfemia. Volendo essere puntigliosi, si potrebbe affermare che la prestazione di Guarin (in chiaro e netto calo fisico) non sia stata memorabile. Il colombiano, molto probabilmente, è vittima di un enigma tattico che le sue caratteristiche accentuano ancor più: è troppo centrocampista per fare il trequartista ed è troppo offensivo per fare l’interno di centrocampo nell’Inter attuale. Un altro aspetto da evidenziare con la matita rossa e che deve suggerire a Stramaccioni di apportare piccoli accorgimenti riguarda sicuramente la “limatura“ della difesa a zona sulle palle inattive.