Si sa che nel calcio la differenza tra una vittoria e una sconfitta si calcola molto spesso in centimetri (vedi il sinistro di Cambiasso al 90′ di Inter-Tottenham) e in episodi; questi ultimi, soprattutto, possono avere un peso specifico non indifferente, specie se si tratta di calci di rigore.
Partendo dal presupposto che nessuno mette in dubbio la bontà dell’operato della classe arbitrale, è innegabile constatare che, specie nelle ultime settimane, sono stati moltissimi i casi da “moviola” che hanno infiammato le discussioni calcistiche tra amici e colleghi.
A influire sul destino europeo delle squadre meneghine potrebbero essere le decisioni arbitrali: stando ai numeri di questa stagione, il Milan ha avuto 8 rigori a favore in 29 giornate, di cui 3 nelle ultime 6; i nerazzurri, invece, non ricevono un tiro dal dischetto dalla vittoria di Torino contro la Juve e fino a quel momento avevano ottenuto la massima punizione solo 3 volte.
Sebbene gli uomini di Stramaccioni abbiano concesso agli avversari tre tiri dagli 11 metri (non molti), l’altra metà di Milano può dirsi ancora più “fortunata”: il penalty a sfavore è oggetto sconosciuto ai rossoneri praticamente da un girone, in quanto l’ultimo rigore contro risale alla partita pareggiata a Palermo. Inoltre, prima di allora la squadra di Allegri aveva avuto appena un rigore a sfavore alla seconda di campionato contro il Bologna.
In questa analisi, oltre alla quantità, pressochè simile, ha una forte incidenza il periodo in cui questi discussi penalty a sfavore sono stati assegnati: risultare “immacolati” da 19 partite è sicuramente un vantaggio, specie contando che, in 10 giornate di ritorno, gli interisti hanno dovuto incassare i tiri dal dischetto di Totti (Roma-Inter) e Rosina (Siena-Inter).
Di solito si dice che nel calcio ottiene più rigori chi gioca la maggior parte dei minuti nell’area avversaria: certamente il Milan, con El Sharaawy e Balotelli, uomini capaci di sfruttare l’uno contro uno, può essere avvantaggiato, ma ciò che non si spiega è sicuramente la disparità di trattamento a parità di episodi: la massima punizione concessa ieri ai rossoneri (trattenuta di Aronica su Balotelli) ci può stare, ma a questo punto sorge spontaneo chiedersi come mai falli più vistosi, uno su tutti il contatto Ranocchia-Astori in Inter-Cagliari, non siano stati sanzionati.
E i rigori non concessi al Genoa la settimana scorsa? Il rigore inesistente fischiato all’ultimo minuto in Milan-Udinese? Oppure il rigore molto “dubbio” contro i nerazzurri in Roma-Inter?
Parlando solo di rigori e non di altri episodi arbitrali, è netta la forbice tra le compagini milanesi; è innegabile ammettere che ci siano annate più fortunate in tal senso, però, in questo caso, è abbastanza palese che il Milan finora sia stato avvantaggiato: pura casualità, sudditanza o altro?
Difficile addossare l’intera colpa ai direttori di gara, spesso chiamati a decidere in una frazione di secondo quello che tanti opinionisti e “luminari” del pallone possono valutare con calma e utilizzando centinaia di replay; ciò non toglie quella sensazione, scomoda come una paio di scarpe strette, per cui la truppa di Allegri possa usufruire di una sorta di canale privilegiato per il terzo posto (o forse anche qualcosa in più).
La speranza, in questi casi, è quella di essere smentiti e che il campo emetta il suo inappellabile verdetto, dando “a Cesare ciò che è di Cesare” e la giusta posizione a chi se la merita: questo è il sommo principio del calcio (per una volta non di rigore).
Antonio Pilato