Zanetti: “Inter-Juve è la storia. Continuerò a giocare, mi sento ancora importante”

Juventus-Inter, Zanetti bacia magliaNonostante le quasi 40 primavere, Javier Zanetti è ancora il giocatore più utilizzato della rosa nerazzurra. Andrea Stramaccioni sa di non poter fare a meno del suo capitano (recordman di presenze stagionali con 41 gare e 3665 minuti giocati) e anche domani, nell’attesissimo derby d’Italia contro la Juventus, El Tractor sarà regolarmente in campo per guidare i suoi compagni nella battaglia del “Meazza”. Proprio alla vigilia della sfida con la Vecchia Signora, il numero 4 nerazzurro ha rilasciato una bella intervista ai microfoni di Tuttosport.

Ecco le sue parole:

Domani giocherai il tuo trentanovesimo derby d’Italia: cosa significa per un interista affrontare la Juventus?

“E’ la partita. E’ la storia. Da quando sono arrivato, ho capito cosa vuol dire questa sfida, per tutto quello che è successo in campo e anche fuori. Queste sono le gare che ogni calciatore vorrebbe giocare”.

Dopo aver sbancato Torino, l’Inter sembrava da scudetto. Poi cosa è accaduto?

“Lo pensavamo in tanti, pure il sottoscritto. Invece non siamo più riusciti a essere al completo e la stagione è andata come è andata. Ora siamo qui a lottare per un potso in Champions”.

Un derby d’Italia da cancellare?

“La partita scudetto del ’98, quando sono successe tante cose e dopo si è scoperto il perchè”.

E uno da ricordare?

“Ne scelgo due: la Supercoppa vinta a Torino col gol di Veron al termine di una partita infinita e il 2-0 a San Siro con gol di Maicon ai tempi di Mourinho”.

A proposito: è azzeccato il paragone tra Conte e lo Special One?

“Sinceramente non lo so, perchè Antonio lo conosco bene come avversario in campo e poco come allenatore. Quando giocava, Conte era un lottatore, si vedeva che dava proprio tutto fino alla fine pur di trovare la vittoria. Era un avversario anche molto leale. E questa Juventus ha il suo carattere. Josè ha vinto tutto e Conte sta iniziando ora. Però, per quanto sta dimostrando, Antonio è un allenatore con un grande futuro”. 

In campo si vedeva che sarebbe diventato un ottimo allenatore?

“Eccome se si vedeva. Gente come lui e Simeone era naturalmente portata a dirigere la squadra. non era difficile indovinare cosa avrebbero fatto quei due a fine carriera. Stesso discorso per Cambiasso: non so cosa vorrà fare quando avrà smesso, ma, se dovessi scommettere, tra i miei compagni punterei su di lui per una carriera in panchina”.

Tu invece non ti vedi nel ruolo di allenatore?

“L’idea di fare l’allenatore non mi ha mai attratto”.

A cena con Agnelli o con Galliani?

“A cena con Moratti”.

L’avete fatto arrabbiare molto quest’anno il presidente?

“E’ arrabbiato come lo siamo noi, perchè vogliamo fare meglio. Allo stesso tempo, però, bisogna essere consapevoli che quello intrapreso è un percorso nuovo, con tatni giovani e che non è facile dall’oggi al domani costruire una squadra. Ci vuole tempo, lavoro e per arrivare all’obiettivo bisogna anche attraversare i momenti di difficoltà, anche se non deve diventare un alibi”.

Diciotto punti di distacco tra Inter e Juventus esprimono realmente in divario che c’è tra le due squadra?

“Sono figli di quanto successo finora. Purtroppo non abbiamo avuto la continuità della Juventus: fossimo riusciti a vincere 5-6 partite di fila negli ultimi mesi, saremmo qui a dire cose diverse. Invece oggi la classifica è quella che è”.

Avessi la bacchetta magica, chi toglieresti alla Juventus?

“Vucinic, perchè ci ha sempre dato fastidio, anche ai tempi della Roma, e perchè è uno che in qualsiasi momento ti può inventare la giocata”.

Che effetto fa avere in squadra uno come Kovacic che potrebbe essere tuo figlio?

“L’altro giorno ci pensavo: ho quasi 40 anni e in questa stagione ho fatto quasi quaranta partite in una squadra come l’Inter, lottando alla pari con tanti ragazzi. Beh, tutto questo mi rende orgoglioso. Allo stesso tempo sono il primo ad ammettere che la società deve puntare sui giovani per prepararsi una grande futuro. Ma questi ragazzi vanno sostenuti nei momenti di difficoltà: perchè spesso cresci più in fretta quando le cose non vanno bene”. 

A Kovacic, come hai spiegato il dna dell’Inter?

“Il dna dell’Inter è non mollare, lottare fino all’ultimo e fare di tutto per affrontare e superare le difficoltà. La partita col Tottenham è l’esempio di cosa significhi l’Inter e il rapporto con i suoi tifosi: siamo usciti tra gli applausi nonostante la qualificazione non sia arrivata”.

I tifosi dovranno aspettare ancora molto per vedere l’Inter tornare a vincere?

“Mi auguro di no. L’importante è aver chiaro quello che si deve fare e quali siano gli obiettivi da seguire. Abbiamo in squadra tanti giovani che stanno vivendo alcune problematiche, ma che l’anno prossimo saranno più preparati: così si costruisce una squadra”.

Trovi ci sia stata troppa severità di giudizio nei confronti di voi senatori?

“Io mi fido soltanto del mio lavoro: mi preparo durante la settimana per essere pronto alla domenica. Poi la partita può andare bene o male, ma io sono tranquillo perchè so di aver dato il massimo per essere arrivato all’appuntamento al top. La cosa che mi dà fastidio è che quando le cose vanno bene c’è chi dice ‘come fanno, è impressionante a quell’età’ e quando vanno male si dice che siamo vecchi. Ecco, bisognerebbe trovare un po’ di equlibrio e mettersi d’accordo con se stessi quando si esprime un giudizio”.

Icardi è un giocatore da Inter?

“Sì. Per quanto sta dimostrando alla Samp, può fare bene anche qui”.

Perchè, oltre a Cassano, bisogna sopportare anche le sue cassanate?

“Ad Antonio piace giocare sempre e vincere. Al di là delle discussioni che possono esserci in qualsiasi squadra, credo che qui si trovi bene”.

Stupito dai progressi del “nuovo” Balotelli?

“Nessuno aveva mai messo in dubbio i suoi mezzi: se è sereno, Mario, può essere un grandissimo campione”.

Forse all’Inter è arrivato troppo presto…

“Con noi Balotelli ha vinto tanto e credo che soprattutto l’Inter gli sia servita per crescere”.

Da capitano hai apprezzato il pubblico pentimento per aver buttato a terra la maglietta dopo la semifinale col Barcellona?

“Almeno si è reso conto di aver fatto una cosa non gradevole”.

Qual è il tuo rapporto con il tempo che passa?

“Delle volte penso che per giocare devo chiedere scusa, visto che ho quasi quarant’anni. Perà sinceramente mi sento bene, qui tutti mi fanno sentire importante e per questo andrò ancora avanti”.

Dopo l’ultimo rinnovo, nel giugno 2014, farai un contratto a gettone per battere pure il record di Maldini?

“A me non interessa quel record, ma stare bene ed essere utile. Poi essere arrivato lì vicino a Paolo, che stimo tantissimo, per me è già molto importante, come essere entrato nella storia del calcio italiano. Sono sincero: quando, nel 1995, sono arrivato a Milano, non avrei mai pensato di fare la carriera che ho fatto”.

Gestione cookie