Ore di estenuante riflessione in casa Inter, durante le quali si avvicendano l’uno dietro l’altro tanti pensieri nella testa di Massimo Moratti e della dirigenza nerazzurra. Tra le ombre che si proiettano sul futuro prossimo della Beneamata sembra scorgersi, però, una quasi-certezza: l’era Stramaccioni si avvia verso il suo tramonto, mentre all’orizzonte si intravede il sorgere di un nuovo corso targato Mazzarri.
Il probabile arrivo sulla panchina dell’Inter rappresenterebbe per il livornese il culmine di una carriera che lo ha visto, utilizzando un paragone preso in prestito dal mondo del ciclismo, attraversare diverse tappe prima di percorrere l’ultima faticosa salita che lo condurrà al traguardo finale.
Allievo di Ulivieri, di cui farà il vice a Bologna e a Napoli, Walter Mazzarri incomincia la sua lunga scalata dallo stesso capoluogo emiliano guidando la Primavera rossoblu dal 1999 al 2001. Dopo le brevi esperienze con Acireale e Pistoiese arriva la fatidica svolta che gli consente di mettersi in mostra su palcoscenici più prestigiosi. Nella stagione 2003/2004, infatti, si insedia sulla panchina del Livorno, diventando uno degli artefici della promozione degli amaranto nella massima serie. Primo obiettivo centrato e prima vittoria di tappa in bacheca. L’anno successivo arriva l’esordio in serie A con la Reggina, sulla panchina della quale siederà per tre anni conquistando altrettante volte una insperata salvezza, che diventa addirittura miracolosa quando la squadra calabrese riacciuffa all’ultima giornata “un posto in paradiso”, nonostante gli undici punti di penalizzazione a gravare sulle spalle come macigni.
Il successivo biennio alla Sampdoria gli permette di avvicinarsi al “gruppo della maglia rosa”. Al primo tentativo arriva la qualificazione alla Coppa Uefa dopo aver toccato la soglia dei 60 punti; l’anno successivo vedrà i blucerchiati stentare in campionato, ma arrivare in finale di Coppa Italia (poi persa contro la Lazio) grazie ai gemelli del gol Cassano-Pazzini. L’addio alla società di Garrone lo porta in quel di Napoli, dove subentrerà in corsa a Donadoni. La vittoria della Coppa Italia, le due qualificazioni in Champions League e l’arrivo agli ottavi di finale poi persi per il rotto della cuffia contro il Chelsea che si laureerà campione d’Europa rappresentano il ricco bottino del tecnico livornese durante l’esperienza alle pendici del Vesuvio.
Allenatore dalla forte personalità e gran lavoratore, comun denominatore della carriera di Mazzarri è il modulo di gioco. Un 3-5-2 che pone in primo piano la solidità difensiva e la predilezione per un contropiede che permetta di arrivare con pochi tocchi nell’area di rigore avversaria. Per attuare il diktat del livornese serve avere a disposizione sulle fasce uomini di grande corsa che abbiano la capacità di ribaltare velocemente l’azione e attaccanti che si sacrifichino diligentemente attuando un primo pressing sui portatori di palla. Alla Reggina era Mozart ad orchestrare la manovra in mezzo al campo con Nakamura pronto ad innescare l’unica punta Bonazzoli; alla Sampdoria il faro del centrocampo era Palombo, le fasce erano presidiate dagli infaticabili Pieri e Stankevicius e la difesa era guidata da Campagnaro; cambiano gli interpreti, ma non la sostanza anche a Napoli.
Il traguardo sembra essere ormai vicino e, nonostante la fatica accumulata in questi anni per arrivarci, sembra essere ormai giunto per Mazzarri il momento dello sprint finale che, molto probabilmente, lo porterà con la maglia rosa sulle spalle sulla panchina dell’Inter.