Inter, Barella a cuore aperto: “Non potevo dire di no”. Tifosi commossi

A cuore aperto Nicolò Barella si è concesso una lunghissima intervista, dove ha approfondito tanti aspetti della sua vita, sportiva e non.

Il centrocampista dell’Inter di Simone Inzaghi e perno della Nazionale italiana, si è raccontato in un’intervista esclusiva concessa al conduttore radiofonico Matteo Caccia e al suo nuovo canale YouTube.

Nicolò Barella ha trattato tantissimi argomenti, dalla finale di Champions allo scudetto, passando per i periodi no e la scelta di firmare per l’Inter. Un’intervista intensa che vale la pena leggere.

L’intervista di Barella

 “Il Barella che protestava sempre? Sono cresciuto, ora ho più esperienza e cerco di essere meno impulsivo. Cerco di divertirmi di più, non sono più chiuso come prima. Non ho più voglia di vivere così, mi godo molto di più le fortune che ho. Anche in campo porto questo; prima volevo sempre dimostrare, ora posso anche mettermi da parte e non fare gol o assist ma aiutare i miei compagni. L’anno scorso ho fatto due gol, ma è quella che mi ha reso più contento nella mia vita”. 

Sul derby scudetto e l’andare subito a stringere la mano degli avversari

 “I pochi che erano rimasti, sì. Mi sono sentito di dare loro la mano, ma l’ha fatto anche qualcun altro. Io ho fatto questo gesto perché sono bene cosa vuol dire. Ho perso la finale dell’Europeo Under 19. Ho dovuto rinunciare a un Mondiale con le giovanili della Nazionale perché mi sono rotto una mano e i miei compagni sono arrivati terzi. Poi sono retrocesso col Cagliari, ho perso una finale di Champions League e perso una finale di Europa League: so cosa vuol dire perdere. Dall’altra parte, ho vinto scudetti, Coppa Italia, Supercoppa, Europeo… È più facile spiegare cosa vuol dire vincere perché vedi che sto esplodendo di gioia. Perdere non sai cosa può comportare dopo, magari un’estate brutta, e a me è successo. Ti porta a dire: ‘giocherò ancora una finale di Champions?’ Non mi piace perdere, l’avrei volute vincere tutte le finali che ho giocato, ma è uno stimolo per riprovarci l’anno successivo. La testa di molti non funziona così. Io so cosa vuol dire perdere, so cosa può succedere nella testa di un giocatore anche nella vita privata. Il tifoso non ci pensa, ed è giusto perché deve fare il tifoso. Ci sono situazioni che non si vedono e che creano disagio”. 

Sui periodi no

Barella si racconta: tifosi dell'Inter commossi
Barella si racconta: tifosi dell’Inter commossi (LaPresse) – spaziointer.it

“È successo nell’anno dello scudetto, quando tutti mi criticavano all’inizio della stagione dicendo che non ero il solito Barella. C’è stato un periodo in cui non rendevo per questioni personali. Era un momento in cui non avevo una grande passione per il calcio, era veramente solo lavoro. Non ho mai parlato con figure del genere perché ho una moglie con cui posso parlare di tutto. Ho parlato anche con compagni e amici, che hanno fatto una cosa importante dicendomi di superare quel momento, che ero forte. Poi è arrivato il gol col Napoli e da lì ho ripreso a fare meglio. Non mi sono sentito solo, ma sentivo di non aiutare abbastanza i miei compagni. Non mi sentivo inutile, ma non stavo dando quello che potevo dare. I miei compagni mi hanno sentire bene. Ora so come comportami se succede a qualcun altro”. 

Sul ricordo più bello

“Domanda difficile… Il gol di Napoli è stato molto importante perché è venuto in un momento difficile. Ma voglio ricordare i momenti belli: la partita in cui mi sono divertito tanto è stata la finale di Coppa Italia con la Juve vinta 4-2. Ho fatto gol dopo 5′ e ho pensato ‘è finita’ perché eravamo forti. Poi abbiamo preso due gol a inizio secondo tempo e mi sono chiesto ‘cosa sta succedendo?’. Lì mi sono divertito perché ho capito la forza mentale di tanti campioni, che si sono accesi e hanno detto ‘ora bisogna vincere’. Me la ricorderò sempre quella partita. È successo anche con la Fiorentina, sempre nella finale di Coppa Italia. È bello perché lì si vede la mentalità di un giocatore”. 

Sulle urla di Inzaghi

“Sì, sì. È difficile sentirlo in mezzo a 80mila persone, ma se ti concentri lo senti. Un allenatore legge la partita da fuori, ma a volte si comporta anche in maniera istintiva. In campo poi è il giocatore che prende le decisioni. Una partita la cambi all’intervallo, in campo che arrivi l’indicazione che cambia la partita è molto difficile”.

Sulla seconda stella

Per me l’Inter è sempre stata tra le grandi, ho sempre simpatizzato. Mi è sempre piaciuta la storia, i suoi colori… Quando vinceva ero contento come se avesse vinto il Cagliari. Per me Cagliari è il mio sangue, l’Inter è entrata nel mio cuore e nella mia vita. Avevo tante opportunità per andare via da Cagliari, più di un paio, erano squadre importante che non dirò mai. Molte mie scelte sono state dettate dal fatto che non potevo andare in certe squadre perché la rivalità tra tifoserie. La narrazione di quando sono andato via da Cagliari è stata distorta, mi spiace sia stata raccontata in maniera sbagliata. Quando c’è stata la possibilità di andare all’Inter, volevo il progetto anche perché c’era Conte che ha spinto per avermi. Non c’era possibilità che io dicessi no. Era un passo in avanti troppo grande che non potevo non fare. Ringrazio tutti i giorni chi ha fatto sì che io potessi vestire questa maglia, ora ne sono orgoglioso come se fosse mia”.  

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