Diciannove anni. E il 10 sulle spalle. Il 10 dell’Inter. L’anno scorso quel numero lo vestì a metà (per via di Wes Sneijder). Oggi no. Oggi è solamente suo, di Mateo Kovacic. “Sono estremamente orgoglioso – dice il croato – del fatto che un presidente come Massimo Moratti abbia detto che io sono il suo number ten». Tremarella? Ansia? Timidezza? Babyimbarazzo? Zero. “Non gioca il numero. Gioco io”, fa. E si comincia: conoscendo meglio un ragazzo che cerca il primo gol nerazzurro, che comincia ad avere più confidenza con la lingua italiana e che sa sorridere, con macrogranuli di carattere e la furbizia giusta per non cadere nei tranelli, anche involontari.
Mateo, immaginiamo che la cosa che più le manca sia il gol…
“Subito una provocazione eh…?“. Ride di gusto.
Per la prima a San Siro di questa stagione sarebbe disposto a farlo anche di pancia o di ginocchio, basta che arrivi insomma. “Basta farlo sì, e non importa come. Certo che mi piacerebbe segnare subito la mia prima rete interista, ma se poi la squadra vince senza un mio gol okay, benissimo così”.
Qual è la sua esultanza?
“Il segno della croce. Che dedica farei nel caso in cui segnassi? Alla mia squadra”.
Prima di arrivare all’Inter, lei segnò 7 gol con la Dinamo Zagabria: il più bello?
“Calcio d’angolo e dal limite dell’area la infilo in rete al volo, di destro”.
La posizione da interno con vista offensiva che le ha dato Mazzarri potrà aiutarla in questo senso…
“Amo giocare in tutte le posizione del centrocampo, e anche quella attuale, che mi dà la possibilità di vedere la porta e di essere nel centro del gioco, mi piace davvero molto”.
Mazzarri stesso lavora su di lei per arrivare a un simil-Hamsik interista: la differenza è che lei porta più palla mentre Marek è un giocatore più votato all’aggressione degli spazi senza palla.
“E’ vero, lui è più propenso a inserirsi, io a portare palla. Ma la posizione è quella e Mazzarri mi dice anche di andare in verticale qualche volta. Resta il fatto che lui gioca da tanti anni in Serie A, che lui è lui e io sono io. Hamsik comunque lo studio spessissimo”.
Studia lui e chi, in Dvd?
“Modric, Iniesta anche David Silva: guardo i movimenti, i tempi di gioco, come smistano la palla, come lavorano per gli altri”.
Il suo idolo e amico Modric che consiglio le ha dato?
“Di vivere la vita come un professionista, che sia alimentazione o comportamento. Non è solo importante quello che fai sul campo, ma lo è anche condurre un’esistenza regolare ed educata. Anche nei confronti del prossimo”.
La disponibilità del tifoso nei suoi confronti è sempre stata enorme e sin da subito: col Cittadella, per esempio, quando è entrato dopo un mese di infortunio è esploso un boato.
“Sono solo un ragazzo normale che sta facendo il massimo, e la gente forse apprezza questo”.
Per molti opinionisti è difficile che l’Inter arrivi terza. Lei è fiducioso che questa squadra possa far paura al campionato?
“Rispetto l’opinione di tutti, ma la parola che conta la dice il campo e la dirà solamente alla fine della stagione. Non mi piace affermare che siamo uno squadrone o che arriveremo terzi: dico che siamo ripartiti da zero, che siamo una squadra giovane e che abbiamo un allenatore che ci insegna tanto. Se poi ce la faremo a far paura al campionato, beh, questo lo vedremo”.
A proposito di paura: per domani tutto a posto coi suoi muscoli?
“Non ancora al cento per cento ma dopo i 30’ col Cittadella ci sono, la mia disponibilità è assoluta. Poi ovviamente deciderà tutto Mazzarri”.
Cosa vorrebbe arrivare ad avere a fine stagione?
“Tutto: non siamo ancora una grande squadra ma un mix fra ragazzi e giocatori esperti. Vorrei vincere, questo vorrei. Ed essere migliorato in fatto di gol”.
Umanamente e anche tatticamente, quanto le ha cambiato la vita l’Inter?
“Umanamente tanto, veramente tanto: perché sono arrivato a Milano da solo, come un bambino che deve per forza diventare adulto. Tatticamente anche: Mazzarri cura tutti i dettagli, vuole che in campo ci si trovi perfettamente e spero che lui, con noi, possa fare tanto bene quanto fatto nei suoi bellissimi anni a Napoli “.
Le sue bellissime ore extra-Inter come le passa?
“Mi piace… dormire abbastanza, giocare alla playstation e leggere: la Bibbia è sempre con me, in questo momento sto finendo il libro di Ibrahimovic, i testi legati alle carriere dei calciatori mi piacciono molto. Nei mesi scorsi, poi, ho letto tutta la storia dell’Inter per capirne di più sia di questo club e sia dei grandissimi numeri 10 del passato. Per questo indossare questa maglia è un onore, e per questo ciò che ha detto Moratti mi ha inorgoglito parecchio”.
E la patente: l’ha presa?
“Presa sì, arriva a giorni, non dovrò più chiedere passaggi ai miei compagni”. Adesso guida lui. Sì, guida lui.
Fonte: La Gazzetta dello Sport