Un colpo di testa, poi un altro e un altro ancora: sembra che questo ragazzo di diciassette anni dal sorriso contagioso abbia fame di arrivare sempre più in alto. Qualche tiro al volo, poi un po’ di tecnica, sotto la pioggia incessante che quasi allaga i campi del “Facchetti”. Dopo una doccia calda più che meritata Michael Seaton è seduto a una scrivania, nel cuore del centro sportivo dove si allena con la Primavera. Sta leggendo un numero di Time Magazine, fissa per un paio di minuti buoni una pagina dove ci sono tre foto: Neymar, Messi e Cristiano Ronaldo. Poi alza lo sguardo e dice: “Oh chiedo scusa, mi sono perso a immaginare…”, “Che cosa?”, “Come ci si sente a essere il giocatore più forte del mondo”.
La storia di Michael inizia da molto lontano: “Sono nato in Giamaica, in un posto chiamato Spanish Town. Vengo da una famiglia molto numerosa, avevamo qualche problema economico… Ma mia madre ha sempre sognato che io potessi giocare all’estero ed è così che tutto è cominciato: mi sono trasferito con lei negli Stati Uniti e lì ho iniziato a giocare a calcio più seriamente. Le devo molto, perchè è lì che è partito il mio percorso di crescita”.
Descrivici Spanish Town, la tua città natale.
“Spanish Town è una piccola isola, frequentata principalmente da turisti. Chi ci nasce deve lavorare molto duramente per poter sopravvivere. La vita lì non è stata facile e non lo è in generale, ma credo che se ti piace il calcio puoi passare dei bei momenti, magari giocando insieme ai tuoi amici”.
E’ però necessario andare a giocare all’estero per diventare un professionista, giusto? Com’è il livello del calcio giamaicano?
“Esatto. Siamo in un periodo di ricostruzione, in crescita, come il DC United. La nazionale ha dentro molti giovani, come me, Deshorn Brown dei Colorado Rapids o un altro paio di ragazzi che sono appena stati scelti al draft della MLS. Direi che le prospettive sono buone”.
Veniamo all’Italia. Come sono state le tue prime impressioni?
“E’ la mia prima volta in Italia, mi piace molto, ho portato la mia macchina fotografica così da poter fare un sacco di foto! Non vedevo l’ora di venire qui per allenarmi duramente, voglio arrivare preparato per l’inizio della stagione. Mi alleno coi ragazzi della Primavera: sono molto bravi, quasi tutti più grandi di me di un anno, anche se ogni tanto mi guardano come se fossi un adulto, sarà per il fisico… Ma ripeto, sono fantastici. Negli Stati Uniti ne ho visti di ragazzi, ma loro sono pazzeschi, allenati benissimo: l’attenzione che il club ha nei confronti dei giovani è incredibile”.
A tal proposito, quali differenze hai riscontrato rispetto al metodo di allenamento che avete in America?
“Direi che non c’è una grande differenza. Negli Stati Uniti si fa un lavoro molto fisico, mentre qui è tutto molto più incentrato sulla tecnica: ecco perchè mi piace così tanto, è decisamente ciò di cui ho bisogno.”
Com’è andato l’allenamento stamattina?
“Bene, ero pronto a scendere in campo, come ogni giorno. In particolare, mi ha colpito il riscaldamento con cui abbiamo iniziato: è una cosa cui non sono troppo abituato, almeno non a qualcosa di quel tipo. Si fa un riscaldamento molto diverso, ma ho avuto la sensazione che abbia aiutato molto”.
Quante volte ti alleni a Washington?
“Come qui direi, generalmente dal lunedì al venerdì, ma se la partita è di domenica, allora ci alleniamo anche il sabato”.
Il DC United ti aveva girato in prestito ai Richmond Kickers. Che esperienza è stata?
“E’ andata bene, avevo bisogno di giocare, di accumulare esperienza in partita. E’ stato incredibile, soprattutto quando ho segnato il mio primo gol. Avevo sedici anni. Mi serviva un’esperienza di quel tipo, anche pensando agli allenamenti col DC: ogni volta che toccavo la palla in allenamento, finivo per terra per qualche contrasto. Col tempo sono diventato fisicamente più forte e ora i contrasti li vinco. Ho segnato 5 gol in 10 partite, i compagni mi hanno dato moltissimi consigli utili, abbiamo anche vinto la regular season. L’esperienza a Richmond è stata fantastica”.
E poi è arrivato l’atteso debutto col DC.
“Sì, si trattava di un’amichevole: assist vincente al primo pallone toccato. Poi contro Toronto la mia prima partita ufficiale. Quella volta ho giocato novanta minuti, una cosa che non mi aspettavo, ma mi sono fatto trovare pronto. Ricordo di non aver tirato una volta in tutto il match, ho cercato di rendermi utile agendo più come un centrocampista aggiunto, come mi aveva chiesto il mister”.
Eri emozionato?
“A un certo punto avevo le classiche ‘farfalle nello stomaco’, quindi direi di sì… (sorride, ndr)“ .
Dopo quello con il tuo club, è arrivato anche il debutto con la nazionale, a soli diciassette anni, com’è stato?
“Sì, contro Trinidad e Tobago, anche se come ho detto non sorrido molto, tendo a non emozionarmi troppo, quindi mi sono presentato molto concentrato. Sono subentrato a un compagno, ma ero pronto a dare tutto. Un sacco di tifosi mi hanno detto che ho cambiato volto alla partita, ma la cosa più bella è stata che mia nonna, mia madre e tutta la mia famiglia si sono fatti due ore di macchina da Kingston per venire a vedermi. Li ho sentiti gridare il mio nome dalle tribune… pazzesco. Sono sicuro di poter essere convocato ancora”.
Che reazione hai avuto quando hai scoperto che saresti venuto qui ad allenarti?
“Credo che mi madre fosse addirittura più emozionata di me, era letteralmente impazzita! Dal canto mio cerco di vedere ogni viaggio come un possibile tentativo, non sono uno che sorride troppo, sono un tipo serio, almeno quando si tratta di viaggiare per giocare a calcio. Mi fermo una decina di giorni in totale: voglio sfruttare questa occasione per crescere al meglio”.
Chi ti ha informato della cosa?
“E’ stato il mio agente. Era previsto che andassi a giocare mezza stagione in Germania, poi lui mi ha spiegato che esiste una partnership tra l’Inter e il DC United, quindi è venuta fuori quest’opportunità. Ci è voluto un po’, ma è valsa la pena aspettare”.
Conoscevi l’Inter prima di venire qui?
“Onestamente, ho iniziato a seguire l’Inter quando ci giocava Ibrahimovic. Sono una punta centrale, quindi per me lui è un modello da seguire. Ricordo che l’Inter vinse tre campionati quando lui era qui. E’ da lì che ho iniziato a seguire il club. So anche che c’è una grande rivalità contro il Milan, giusto? A proposito: il gol di Palacio, quello di tacco… semplicemente magnifico!”.
Tu potresti essere considerato il primo passo di un importante percorso comune tra Inter e DC United. Che sensazioni hai a riguardo?
“Ne sono molto onorato, essendo oltretutto il più giovane della rosa del DC. E’ bello far parte di questo progetto, sono sicuro che ci saranno molti altri scambi utili dopo di me. Io e la mia famiglia siamo molto felici, questo è molto importante”.
Sei stato a San Siro per Inter-Chievo: che impressione ti ha fatto?
“San Siro è incredibile, da fuori è enorme, non ho mai visto uno stadio così grande! E’ fantastico e i tifosi ci tengono molto, si vede. Conosco tifosi che quando la squadra va male smettono di seguirla: con quelli dell’Inter non succede, me ne sono accorto subito”.
Chi è il giocatore che ti ha impressionato di più?
“A un certo punto ho chiesto a un tifoso chi fosse il numero 10 dell’Inter e lui mi ha risposto: “Come fai a non conoscerlo?! E’ Kovacic!”. Io gli ho detto di essere americano e lui allora mi ha detto che Kovacic ha solo 19 anni. Ho pensato che ne ha solo due più di me, potrei quasi essere io! (ride, ndr). Lui è fantastico, dico che tra al massimo due, tre anni potrà giocare davvero in qualunque posizione. E’ un giocatore incredibile, molto tecnico. Anche Palacio è fortissimo, lo seguo da molto tempo, d’altronde è un nazionale argentino… Si vede proprio che anche quando non è nella sua giornata migliore dà comunque tutto se stesso per aiutare la squadra. E poi c’è “il Generale”, Cambiasso. Gioca come un generale, è un giocatore intelligentissimo, non è più giovanissimo ma non lo dimostra affatto: sa sempre dosarsi bene e cosa fare”.
Come giudichi la carriera che hai avuto fino ad oggi?
“Credo sia già stata importante. Ci sono ragazzi di diciassette anni che nella MLS non vedono il campo, io invece dopo essere uscito dall’Academy del DC ho firmato il mio primo contratto, poi sono andato in prestito, ho viaggiato, mi sono allenato… ormai è più di un anno che non mi fermo un secondo. Sono soddisfatto. Ieri sera sono anche andato a correre dopo l’allenamento…!”
Come possiamo inquadrarti tecnicamente? Oggi hai dimostrato di avere un bel colpo di testa…
“Sì quello è un mio punto forte, ma la cosa interessante è che allenandomi qui ho capito di poter essere tecnicamente molto più bravo di quanto pensassi. Prima quasi non usavo il sinistro, ora grazie a questi allenamenti mi ci sto abituando sempre di più, sto migliorando drasticamente. Qui sto imparando anche a gestire i ritmi, a come evitare di correre a vuoto”.
Quindi in che posizione ti piace giocare?
“Sono un classico numero nove, ma devo ammettere che allenandomi qui ho capito di poter gestire un po’ di più la palla per far salire la squadra, svariando su tutto il fronte offensivo”.
Ultima domanda: puoi segnalarci qualche tuo compagno di squadra particolarmente promettente? Magari sarà il prossimo a venire ad allenarsi qui…
“Certo, ve ne dico due: Collin Martin, centrocampista, e Bill Hamid, portiere. Ad ogni modo, per quanto mi riguarda sarebbe fantastico poter tornare qui ad allenarmi, ma probabilmente la più contenta di tutte sarebbe una persona in particolare…”.
Chi…?
“Ma come chi? Mia madre, ovviamente!”.
Fonte: inter.it