Dopo la sconfitta al “Renzo Barbera”, Gian Piero Gasperini ha provato a trovare, in conferenza stampa, delle giustificazioni che potessero scagionare sia lui sia i giocatori scesi in campo da colpe che appaiono comunque schiaccianti: “Credo che questa squadra abbia un certo potenziale, un potenziale importante, ma per poterlo supportare ha bisogno di trovare il miglior equilibrio possibile“. Esatto, bravo mister, ha proprio centrato il pomo della discordia, ovvero l’equilibrio quantomeno precario di uno schieramento tattico discutibile.
Ma partiamo con ordine, precisando che, presi singolarmente, gli interpreti della difesa a 3 scesi in campo contro il Palermo (Lucio, Samuel e Zanetti) hanno disputato una buona partita, specie il capitano. Il problema sembra più generale, di organizzazione della fase difensiva nella sua interezza, a partire dagli attaccanti, passando per il filtro che dovrebbero garantire i centrocampisti, fino ad arrivare proprio al reparto arretrato.
L’impressione, per usare un eufemismo, è che con il 3-4-3 la squadra sia sempre esposta a contropiedi micidiali, con anche cinque o sei giocatori avversari a puntare l’area nerazzurra. Non sembra opportuno, agli occhi di tutti, costringere difensori del calibro e dello spessore di Samuel e Lucio, all’età di 33 anni, a giocare con una difesa a tre quando, per tutta la carriera, hanno dato il meglio di loro stessi con uno schieramento a quattro.
Lasciando da parte il discorso relativo ai difensori, esaminiamo anche il resto della squadra. Dei quattordici giocatori utilizzati nell’arco della gara, solo quattro sono stati schierati nel loro ruolo, ovvero Julio Cesar (e ci mancherebbe altro…), Stankovic, Cambiasso e Milito. Zanetti non sapeva nemmeno cosa fosse la difesa a 3 fino allo sbraco all’aeroporto Falcone-Borsellino di Punta Raisi; di Samuel e Lucio abbiamo detto pocanzi, Jonathan e Nagatomo hanno sempre giocato da esterni in una difesa a 4; Forlan e Zarate, da punte centrali quali sono, hanno visto limitato il loro potenziale essendo costretti ad agire sull’esterno.
E anche chi è subentrato dalla panchina (Sneijder, Obi e Alvarez) si è dovuto sacrificare, sperimentando nuove posizioni in campo. Senza dimenticare, tra l’altro, la panchina iniziale dell’olandese. Tutto questo, per adattare dei campioni al modulo di un allenatore che fino a pochi mesi fa era disoccupato. Non è forse il caso che sia Gasp ad adattarsi a questo “potenziale importante”?
Carmelo Bruno